Affitti brevi, nuove norme
Dal punto di vista di un Property Manager:
Oggi per noi è una giornata storica, eravamo stufi, sin dal giugno 2017, di fungere da sostituti d’imposta per conto dello stato sulla cosiddetta manovra AIRBNB : oggi finalmente il tar del Lazio ha rigettato il ricorso della multinazionale che in Europa ha sede a Dublino. Il TAR ha condannato AIRBNB e mi chiedo perché solo loro, alla comunicazione dei dati degli ospitati dal giugno 2017 a oggi intimando ai proprietari il pagamento anche delle cedolari arretrate. Siamo scesi al fianco di federalberghi in questa lunga battaglia e siamo orgogliosi di aver portato la vittoria a casa. Tutto questo porterà ad un’ accoglienza di qualità e professionalità e soprattutto legale!
Ecco l’articolo di Repubblica del 18 febbraio 2019:
Affitti brevi, bocciato il ricorso di Airbnb contro la cedolare secca
La piattaforma per le locazioni online si era opposta al provvedimento che impone agli intermediari di trattenere le imposte che gli utenti devono dichiarare e versare al Fisco. Federalberghi: “Ora no alibi per la riscossione”. La replica: “Delusi, faremo ricorso”
MILANO – Il Tar del Lazio ha bocciato il ricorso presentato da Airbnb contro la cedolare secca per le locazioni brevi, denominata anche Tassa Airbnb. Lo conferma la stessa piattaforma. La norma, introdotta nel 2017 dal governo Gentiloni, prevede che le piattaforme online come Airbnb e Booking trattengano direttamente dagli utenti il 21% di tasse dai compensi destinati agli host, i proprietari delle strutture, da versare direttamente al Fisco.
Federalberghi: “Ora basta alibi per la riscossione”
Tra i primi a salutare con favore il pronunciamento dell’organo della giustizia amministrativa c’è Federalberghi: “Non ci sono più alibi per chi, da quasi due anni, si prende gioco delle istituzioni: Airbnb deve riscuotere la cedolare secca sulle locazioni brevi e comunicare all’Agenzia delle Entrate i nomi dei locatari e i relativi redditi”, si legge in una nota. Federalberghi stima anche che “nei primi diciotto mesi di (mancata) applicazione dell’imposta Airbnb abbia omesso il versamento di più di 250 milioni di euro”.
L’iter dei ricorsi
La sentenza di oggi arriva al termine di un’intricatissima sequenza di ricorsi. Il Tar del Lazio prima e il Consiglio di Stato poi avevano già bocciato la richiesta di sospensiva, cioè la possibilità di interrompere l’efficacia del provvedimento in attesa del pronunciamento del merito. Lo stesso Consiglio di Stato, oltre un anno fa, aveva però a sua volta chiesto al più presto al Tar del Lazio di esprimersi sulla questione, anche se la sentenza è arrivata soltanto ora. Intanto, a favore di Airbnb, si era invece espressa l’Antitrust, secondo cui la norma sarebbe lesiva della concorrenza, in quanto punirebbe chi utilizza i pagamenti digitali.
Airbnb inadempiente
In questi anni però, nonostante il doppio diniego alla sospensiva, Airbnb ha proseguito a non applicare la legge. Non solo non ha raccolto le imposte ma non ha mai neanche rispettato un altro degli obblighi previsti dalla normativa, la trasmissione dei dati degli host all’Agenzia delle Entrate, per consentirle – incrociando i dati – di stanare possibili evasori. Lo scorso dicembre, in una intervista a Repubblica, il country manager della Piattaforma Matteo Frigerio aveva dato la disponibilità a rispettare quest’obbligo in cambio di una modifica della norma.
Quanto perde lo Stato
Il mancato rispetto delle regole da parte di Airbnb (e non solo) ha comportato in questi anni anche un sensibile ammanco per le casse pubbliche. Nella relazione tecnica del provvedimento, il governo aveva stimato un gettito annuale di 139 milioni di euro. Nel 2017, primo anno di applicazione della misura e soltanto per circa metà anno, l’incasso si è fermato a 19 milioni, versati soltanto da intermediari molto più piccoli. I 130 milioni citati da Federalberghi si riferiscono al 21% di quanto incassato nel 2016 (ultimo dato diffuso) dagli host italiani di Airbnb, pari a 621 milioni di euro. La cifra però non tiene conto da un lato del fatto che una parte degli host può avere versato autonomamente le tasse in dichiarazione dei redditi, dall’altro che il numero degli annunci è sensibilmente cresciuto. Secondo i dati di Airbnb sarebbero circa 400 mila nel 2018, poco meno del doppio rispetto al 2016.
La replica di Airbnb
“Siamo delusi dal pronunciamento del TAR del Lazio e intendiamo fare ricorso presso il Consiglio di Stato, anche ai fini dell’eventuale interessamento della Corte di Giustizia Europea”, ha commentato la piattaforma con una nota. .”In tema di imposte sul reddito, abbiamo sempre offerto disponibilità in tutte le sedi istituzionali per risolvere l’impasse e consentire alla community il rispetto della legalità e il pagamento delle imposte sul reddito senza discriminazioni”. “Secondo la corte – prosegue – chi affitta tramite Airbnb non sarebbe discriminato rispetto ad altri sistemi meno trasparenti perchè sarebbe logico imporre l’obbligo di ritenuta all’unica piattaforma online che intermedia i pagamenti con un modello innovativo. Poco importa se, come stimato da Banca d’Italia, si tratti dell’unico barlume di trasparenza in un settore in cui 7 pagamenti su 10 avvengono ancora in contanti”.
Trovate l’articolo a questo link: https://www.repubblica.it/economia/2019/02/18/news/cedolare_secca_federalberghi_il_tar_del_lazio_ha_bocciato_il_ricorso_di_airbnb_-219460557/?ref=RHPPBT-BH-I0-C4-P7-S1.4-T1&fbclid=IwAR0jVn6kCKpngHuYSRaNGkZauHkjYSAD1T7dQ11uN6q8IRislY0YeeVZ87k